Cristallizzare l’imperfezione in uno scatto, giocare con i contrasti agrodolci dell’attualità trasformandoli in arte visiva attraverso la fotografia. Martin Parr, uno dei più celebri fotoreporter e documentaristi britannici, sino al prossimo 30 giugno espone al Museo delle Culture di Milano (Mudec) con la mostra “Short & Sweet” che ha curato personalmente. Apprezzato dal maestro Henri Cartier-Bresson che per il suo talento lo considerava un alieno, quasi «arrivato da un altro pianeta», l’artista svela oltre 200 lavori ripercorrendo la sua lunga carriera: circa 60, di piccole e medie dimensioni, sono stati scelti per accompagnare un’intervista inedita in cui si racconta alla storica e critica Roberta Valtorta tra i ricordi del passato, un vortice di esperienze vissute e spiazzante contemporaneità. Un mash-up di ispirazioni e suggestioni che sottolineano l’importanza della collaborazione con la prestigiosa agenzia “Magnum Photos” all’interno di un percorso espositivo che va dai progetti più conosciuti a quelli meno noti con i quali l’autore ha tratteggiato le contraddizioni della società odierna, immortalandole in capolavori fotografici che senza alcun filtro, fra realtà e immaginazione, scavalcano la consueta logica documentaristica delle cronache. Così come l’inflazionato storytelling che, spesso, cade nella retorica creativa dimenticando il pluralismo dei linguaggi, delle prospettive e dei punti di vista. Il suo approccio ludico e immersivo, pop e neorealista, consente di viaggiare con lo sguardo nella percezione più intima e originale dei dettagli. Ritratti insoliti e frammenti in cui è possibile specchiarsi e rispecchiarsi, immedesimandosi in quelle scene della quotidianità, e dei suoi particolari quali protagonisti indiscussi, che è stato capace di catturare con l’inseparabile obiettivo. «Sono stato uno dei primi a rompere quella tradizione umanistica radicata nella generazione precedente di fotografi. Qualcuno mi ha definito un approfittatore, un cinico, persino un fascista. Io fotografo la vita così com’è, se le foto vi sembrano grottesche è perché pensate che lo sia la vita. È così? Ognuno di noi è bello e brutto nello stesso tempo, piacevole e spiacevole. Così è fatto l’essere umano», era solito controbattere Parr quando veniva accusato di non essere abbastanza amato per il suo stile troppo anticonformista, raccogliendo inizialmente scarsi consensi nel panorama internazionale degli esperti. In esposizione le prime opere in bianco e nero, come il “Banchetto inaugurale del sindaco di Todmorden” del 1977. Nell’allestimento milanese non mancano le famose “Vite da spiaggia” della serie “Common Sense” che, presenti con una selezione dell’installazione di 200 fotografie in formato A3, tra le 350 esposte durante la personale omonima del 1999, indagano l’universo plastificato e trash tipicamente occidentale. Largo, poi, alla sua passione per le mete turistiche e ai monumenti iconici italiani come “La torre pendente” di Pisa, direttamente da “Small World” del 1990.