Piaccia o meno, Gucci fa porre delle domande, e se la moda ha una coscienza, Gucci ci interagisce e anche parecchio.
E, se la moda ha una coscienza, sarà probabilmente assopita dalla mancanza di rischi, o meglio, di rischi corsi con cognizione di causa.
Alessandro Michele ha appena trasformato l’headquartier milanese della maison in una sala operatoria, ha ricoperto le pareti di PVC verde ospedaliero e trasformato il seating in una sala d’attesa.
Soundtrack, un elettrocardiografo, per restare in tema.
Perché una sala operatoria? Secondo l’Instagram di Gucci, “Il concetto riflette il lavoro di un designer – l’atto di tagliare, splicing e ricostruire materiali e tessuti per creare una nuova personalità e identità con loro”.
Michele ha stupito la platea facendo sfilare dei cyborg.
A trasformare modelli e modelle in creature ‘post human’ con tre occhi, due teste e cuccioli di drago (ispirato a ‘Legend of the baby dragon in the jar‘), ci ha pensato Makinarium, factory creativa famosa per aver lavorato con Ridley Scott, Danny Boyle e Matteo Garrone per Il racconto dei racconti.
In questo modo è stato portato letteralmente in vita il pensiero alla base della nuova collezione di Gucci. Pare infatti si ispiri alla Teoria cyborg di Donna Haraway, in cui il cyborg è metaforicamente considerato una figura che supera il dualismo di identità, mettendo insieme natura e cultura, maschile e femminile, normale e alieno, psiche e materia.
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si modifica. Chi diceva che Gucci è sempre uguale non ha mai compreso il valore dell’ispirazione che giace , anzi – quando si parla di Gucci non giace, ma urla-, dietro una collezione.