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Nicolò Tomaini è la rivelazione artistica più curiosa di questo 2025. E’ originario della provincia di Lecco, in cui si respira magia mistica dalle rive del lago. E’ una figura dicotomica tra l’arte nobile del XVII-XIX secolo e lo squarcio pittorico o il glitch informatico.

Secondo lei l’arte è significativamente bella? Perchè farla?

L’arte, a mio modo di vedere le cose, non ha nulla a che spartire con la “bellezza”, perlomeno con il concetto di bellezza che la società contemporanea, bulimica di consenso collettivo, tende a vomitare addosso quotidianamente. L’arte, quella vera, non nasce mai dalla felicità o da un equilibrio, i grandi artisti son sempre stati degli “infelici”; riescono a sentire per primi una certa distonia con il mondo che li circonda. L’arte è dunque per me una sorta di espediente che mi permette di sopportare l’insofferenza che sento nei confronti di una società considerata la migliore possibile. L’arte è una forma di re-esistenza dove risiede la vera bellezza.

Come è il suo modo di comunicare e a cosa si ispira?

Credo che l’artista sia una sorta di “debitore emotivo” nella misura in cui cerca di restituire al mondo le riflessioni, le emozioni o le sensazioni che ha avuto osservando il lavoro di un altro artista che lo ha preceduto. Non parlerei di ispirazione nel mio caso, ma più di necessità, il mio lavoro è uno strumento che mi aiuta a resistere per esistere.

Ci spieghi la tecnica delle sue opere.

Il mio è un approccio che gli addetti ai lavori definirebbero “multidisciplinare”: mi muovo tra pittura, scultura e installazione. Mi piace lavorare con delle realtà che mi pre-esistono, recuperando vecchie tele dipinte ad olio (settecentesche/ottocentesche) sulle quali intervengo fisicamente. Prediligo la ritrattistica classica come soggetto perché al centro della mia ricerca c’è appunto la condizione dell’uomo.

Ogni epoca si merita il suo periodo storico: ora dove siamo arrivati e occorre denunciare qualcosa?

La storia di ogni società esistita fin qui è la storia di lotte di classe: oppressi contro oppressori. L’idea che invece i moderni strumenti di comunicazione veicolano e illudono l’impossibilità di avere un nemico da combattere ma che la competitività sia quella di arrivare ad uno status quo che è l’ illusione della “felicità”. Basti pensare ai patetici post su Instagram da “sogno americano” e allora via libera alle nevrosi, alle ansie e alle depressioni per la rincorsa di modelli esistenziali insostenibili ed inarrivabili. E’ un potere molto subdolo.

Si sente più una persona del passato, presente o futuro?

C’è stato un momento nella storia dell’uomo, precisamente dopo la rivoluzione industriale in cui l’ “essere” si è trasferito nell “avere” , l’ “avere” successivamente nell’ “apparire” e l’ “apparire”, oggi, non può che coincidere con lo “scomparire” poiché è la negazione visibile dell’ “essere” stesso. Dunque “appaio” come uomo del presente.

Una passione segreta che pochi o nessuno conosce?
Quella per le televendite notturne
Progetti per il 2025?

Le canoniche mostre personali, si è conclusa una particolarmente significativa al museo civico di Montepulciano dal titolo: “La grande illusione”. In più sto lavorando insieme ad un amico regista ad un  un corto che utilizza gli stessi strumenti hollywoodiani per ribaltarglieli contro, una cosa piuttosto stimolante.

All photos courtesy of the talent