La moda sostenibile è un settore in crescita che cerca di coniugare la creatività e il patrimonio culturale dei diversi paesi con pratiche etiche e rispettose dell’ambiente.
Nel 2021 è stata creata The Sustainability Pledge, una piattaforma che mira a promuovere, su scala globale, un settore dell’abbigliamento e delle calzature più trasparente, tracciabile e sostenibile. Essa include membri provenienti da università, società civile, organizzazioni internazionali, fornitori, produttori e rivenditori, tutti impegnati a migliorare la tracciabilità e la trasparenza della filiera in tutto il mondo e a contribuire alla creazione di future leggi per regolamentare l’industria della moda.
Oggi, trascorsi tre anni, il settore della moda sostenibile sta registrando notevoli progressi grazie a nuove normative, iniziative aziendali all’avanguardia e una crescente consapevolezza da parte dei consumatori. L’Unione Europea ha introdotto la “Strategia per prodotti tessili sostenibili e circolari”, che punta a ridurre l’impatto ambientale della moda con normative più rigide sull’ecodesign e sulla gestione del ciclo di vita dei prodotti tessili. In Francia, per esempio, il “bonus rammendo” incentiva i consumatori a riparare i propri indumenti invece di gettarli. Patagonia, da parte sua, ha reso le riparazioni un motivo di orgoglio, offrendo ai clienti video tutorial per riparare i capi autonomamente. Anche i marchi di lusso si stanno muovendo in questa direzione: Bottega Veneta, ad esempio, offre riparazioni illimitate per le proprie borse, mentre Hermès e Dior mettono a disposizione i loro artigiani per interventi di manutenzione. Brunello Cucinelli, invece, affianca alla lavorazione del cachemire attività che mirano al benessere del lavoratore. Il tutto a Borgo Solomeo, il borgo medievale umbro divenuto modello per la valorizzazione dello spirito umano.
La richiesta di una filiera tessile sempre più trasparente e sostenibile è in aumento, come evidenziato dallo studio di Humana People to People e IPSOS “Second hand, first choice?”, presentato alla Fondazione Sozzani di Milano. Tuttavia, l’impatto ambientale della moda sembra essere ancora sottovalutato: solo l’11% dei consumatori la considera tra le industridae più inquinanti. Al contrario, c’è ancora molto da fare sul fronte della sostenibilità sociale: quasi un consumatore su due desidera che le aziende si impegnino maggiormente a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori del settore. Cresce, inoltre, l’interesse per il mercato del second hand e del vintage, con la Gen Z che si afferma come protagonista di questo trend.
L’importanza di coinvolgere anche i più piccoli nel rispetto della natura e nella consapevolezza di ciò che utilizziamo per nutrirci o vestirci è stata sottolineata anche dalla FAO. Nel caso della moda, l’organizzazione mondiale per l’alimentazione e l’agricoltura ha patrocinato la creazione di un libro “Storia di una maglietta“, in collaborazione con Matteo Ward e WRÅD. Parte di una collana promossa dal 2016, il libro si propone di ispirare i bambini a riconoscere il vero valore dei vestiti e a sviluppare una sensibilità ecologica e sociale fin da piccoli.
Photo by Progetto Green School
Restando in ambito educativo, il progetto Sea Beyond, lanciato dal Gruppo Prada nel 2019, continua a sensibilizzare le nuove generazioni sulla protezione degli oceani. Il Gruppo Prada aderisce inoltre al Fashion Pact, un’alleanza che riunisce gli amministratori delegati di oltre 60 aziende leader nel settore moda e tessile, impegnate a raggiungere ambiziosi obiettivi ambientali. Il Fashion Pact si concentra infatti su tre temi principali: lotta al cambiamento climatico, tutela della biodiversità e protezione degli oceani. Si tratta di una coalizione che rappresenta circa un terzo dell’intero settore moda, e che sottolinea, non a torto, come solo attraverso un’azione collettiva è possibile ridurre l’impatto ambientale dell’industria.