«La storia della moda è la storia dei popoli: è la storia delle razze, dei ceti, delle rivoluzioni, di questa travagliata umanità, che senza accorgersene adotta anche nel vestito delle ferree leggi, che essa crede di dominare, ma di cui è completamente schiava». Si potrebbe pensare che questa affermazione sia stata estrapolata da uno scritto o un’intervista dei nostri tempi, tanto risuona attuale. Invece, si tratta del pensiero di una donna straordinaria del Novecento che ha rivoluzionato il valore della moda italiana, coniugando l’innovazione con la bellezza e la giustizia. Vi presentiamo Rosa Genoni, la sarta e stilista che ha dato voce al made in Italy.
Nata nel 1867 a Tirano, Rosa Genoni ad appena dieci anni viene mandata a lavorare dalla Valtellina a Milano per studiare e iniziare l’apprendistato nella sartoria della zia. Frequenta anche le scuole serali dove impara il francese, con il desiderio di poter andare un giorno a Parigi, all’epoca indiscussa capitale della moda. La sua caparbietà risulta vincente, perché riesce a trasferirsi nella ville lumière, dove apprende non solo i segreti del disegno tecnico e creativo, e della catena produttiva per la realizzazione degli abiti, ma perfeziona la tecnica del ricamo e della confezione. Grazie a questa esperienza all’estero, comprende l’importanza della formazione e del lavoro di squadra, ma soprattutto quanto la moda affondi le sue radici nella storia di una nazione e di un popolo. Del resto, il suo motto diventerà “la moda è una cosa seria”. Tornata a Milano, nel 1888 viene assunta dalla sartoria Bellotti, nel 1895 inizia la collaborazione con la prestigiosa Ditta Haardt e Figli, fino al salto di qualità quando viene nominata première ed è a capo di 200 dipendenti. È mossa dalla convinzione che la moda italiana non sia assolutamente seconda a quella così tanto osannata francese e lo scrive in diversi scritti. Mentre matura la sua affermazione professionale e anche la stampa internazionale le dedica attenzione, grazie al suo impegno nasce in Lombardia il primo Comitato Promotore per una Moda di Pura Arte Italiana. Nel 1905 le viene affidato il corso di sartoria e modisteria alle scuole professionali femminili della Società Umanitaria di Milano e in seguito, la sua voglia di innovare e coinvolgere il più possibile le sue allieve, la vedrà utilizzare per l’insegnamento di Storia del Costume una collezione di diapositive da lei appositamente fatta fare dall’editrice Minerva.
In occasione dell’Esposizione Internazionale del Sempione nel 1906 le viene assegnato il Gran Premio per la sezione Arte Decorativa della Giuria Internazionale. Rosa Genoni spicca per l’estro creativo che fa dei suoi abiti delle vesti contemporanee pur contenendo un’eredità importante, quale quella della storia e della cultura italiana. Ma la determinazione di Rosa non si traduce solamente nella volontà di portare la moda italiana all’eccellenza di quello che oggi viene universalmente riconosciuto e ammirato come made in Italy. Il suo impegno si sviluppa anche nei confronti di chi, come lei, ha sperimentato cosa significa lavorare duramente e in condizioni inadeguate. Si batte quindi per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici e per la difesa della pace, così preziosa per l’avvenire dei popoli. Nel 1914 fonda il Comitato “Pro Umanità”, per la raccolta e l’invio di aiuti ai prigionieri di guerra e un anno più tardi, nel 1915, è l’unica rappresentante italiana al Congresso delle Donne a L’Aja, promosso dalla nascente WILPF – Women’s International League for Peace and Freedom, dove il tema del suffragio si sposa alla causa della pace mondiale. In seguito all’avvento del fascismo lascia l’incarico di docenza presso l’Umanitaria, dopo essere stata insignita della Medaglia d’oro per i suoi 25 anni di insegnamento, per ritirarsi con la famiglia a Nervi. Si trasferirà a Varese dopo essere rimasta vedova, restandovi fino alla fine dei suoi giorni.