Gli ampi squarci e i tagli irregolari dello stile del poeta nero Yohji Yamamoto definito, ai suoi esordi, post-atomico dalla stampa, torna a danzare in una totale esperienza immersiva nella suggestiva e rinnovata cornice di 10 Corso Como. Fino al 31 luglio, negli spazi della Galleria milanese sarà possibile apprezzare il genio dello stilista giapponese che ha messo in discussione i canoni della struttura dell’abito, invitando la moda a riflettere su nuove possibili silhouette. Il nero, naturalmente, colore verso il quale Yamamoto non ha mai nascosto il suo amore infinito definendolo arrogante e modesto allo stesso tempo, è protagonista indiscusso di Letter to the future, nel quale il suo curatore Antonio de Navasques – docente di Fashion Archives alla Sapienza di Roma – rende protagonisti gli abiti in un flusso dove ogni forma, taglio e geometria trasmettono un’immagine di futuro che scavalca il tempo. La mostra rimarca con fierezza il pensiero del suo autore “io non disturbo te, e tu non devi disturbare me” e lo riporta per la seconda volta in Italia. Yamamoto ha scardinato ai più i credi stilistici e gli stereotipi di genere. L’aver scelto in diverse occasioni le donne come modelle per le sue sfilate di moda maschile, è stato un altro piccolo pezzo di quel puzzle che cercava di scardinare le identità sessuali definite. L’esibizione, nel nuovo capitolo di 10 Corso Como secondo la visione di Tiziana Fausti, raccoglie un dialogo tra pezzi iconici della passerella, collezioni recenti e future: i vestiti si trasformano in parole in una letteratura del rapporto corpo e spazio. Letter to the future è un appuntamento imperdibile per apprezzare l’essere eclettico di un’artista della moda, che anzitempo ha saputo imprimere la sua visione creando un ponte sartoriale tra Europa, Giappone tradizionale e paesaggio urbano. La retrospettiva, prima in Italia per lo stilista nipponico, attraverso i tre colori cardini nero, rosso e bianco si snoda attraverso un’unica installazione; gli abiti delineano e sagomano perfettamente il corpo, la soggettività viene valorizzata dall’interiorità di chi li indossa. Non è l’abito a definire la persona, ma esattamente l’opposto. La mostra è allestita in maniera lineare, fluida. Tutto si riconcilia e si fonde con il genio dell’artista e con il mistero che circonda la bellezza delle sue creazioni.