Fautrice di una moda d’altri tempi, pensata per una donna contemporanea. Ragazzina nella Swinging London degli anni Sessanta, protagonista di salotti letterari e antesignana influencer di stile. Chiara Boni è un’artista, prima che una designer, che ha fatto sia della sua vita lavorativa che privata una tela coloratissima e chic.
I viaggi con sua madre tra atelier e sartorie; gli anni passati nella Swinging London; la prima collezione, venduta nella sua boutique “You Tarzan Me Jane”: come è nata Chiara Boni designer? Quale di queste esperienze ha segnato maggiormente il suo percorso?
In realtà tutte perché sono state molto formative ma la più importante è stata vivere nel 67 a Londra dove in quel momento era scoppiata la moda giovane.
Come nasce la sua linea “Chiara Boni La Petite Robe”? A quale donna si rivolge?
Nasce nel 2007 quando mi sono ricomprata il mio marchio dal fallimento del GFT, con l’idea di poter gestire un business da sola. Mi rivolgo a tutte le donne che vogliono sentirsi femminili.
A suo parere, quali pezzi non dovrebbero mai mancare nel guardaroba di una donna?
Non dovrebbe mai mancare a little black dress.
Ha scritto un’autobiografia a quattro mani con la giornalista Daniela Fedi, intitolata “Io che nasco immaginaria”. Cosa significa per lei questo titolo? Perché la scelta di lasciare raccontare la sua storia a un’altra persona?
“Io che nasco immaginaria” era il titolo di un progetto fatto tanti anni fa, una frase che mi appartiene e che mi è sempre rimasta nel cuore. Non ho lasciato raccontare la mia storia da un’altra persona, io parlavo e Daniela scriveva.
La sua vita personale l’ha portata a conoscere e interagire con diversi personaggi di spicco del mondo dell’arte e della cultura, come racconta nel libro. Chi le ha lasciato maggiormente il segno? C’è qualcuno a cui si ispira ancora oggi nel suo lavoro?
Nell’ambito dell’arte e della cultura sicuramente Vittorio Sgarbi e Giovanni Gastel hanno lasciato un segno. Non mi ispiro particolarmente a nessuno, le mie ispirazioni artistiche sono molteplici, può essere un quadro degli Uffizi o una mostra d’arte moderna.
Oprah, Beyoncé, Paris Hilton. Ha vestito tante celebrities, ma qual è stata la richiesta più stravagante mai ricevuta?
La richiesta più stravagante mai ricevuta è stata probabilmente quella di Oprah di avere lo stesso vestito in dieci colori diversi.
Quali difficoltà pensa che potrebbero incontrare le donne oggi per affermarsi nel mondo della moda? Che consiglio darebbe a chi si approccia a questo settore?
Le difficoltà che potrebbero incontrare sono tante perché è un ambiente molto competitivo a cui tantissimi vogliono accedere. Spesso si arriva dalle scuole non abbastanza preparati a dover intraprendere un percorso che all’apparenza sembra solo glamour ma che in realtà richiede molta tenacia, spirito di sacrificio, curiosità e voglia di imparare.
Perché la scelta di sfilare a New York? Quali differenze trova tra il modo di concepire la moda in Italia e oltreoceano?
Ormai sono tornata a sfilare a Milano. La scelta di sfilare a New York per tanti anni è perché l’America è il nostro mercato più grande. Le americane si vestono in maniera più formale rispetto alle Europee.