Un’intervista semplice, diretta, quella con Sara Battaglia. Founder del noto brand che porta il suo nome. Partiamo dalle origini, dal dna familiare, dall’amore per la moda e per l’arte, fino alle aspirazioni e ai progetti. Uno in particolare, Red Collar: iniziativa che mira a sensibilizzare il tema della violenza sulle donne. Una camicia ed un colletto rosso fanno da simbolo ed emblema di una battaglia che, prima o poi, la società odierna dovrà sconfiggere. Nel frattempo, è attraverso le intenzioni di progetti come questo, che intravediamo una speranza per il futuro. E un monito a migliorarci, sempre.
Sara, partiamo da quella che è l’indole personale, intrinseca nella sua personalità: la vena artistica. Sua madre è una scultrice, suo fratello gallerista, lei si è diplomata all’accademia di Brera. In che modo l’arte è diventata per lei linfa di vita?
L’arte ha sempre fatto parte di me. Ho sempre avuto questa vena creativa. È ciò che ho sempre respirato, all’interno della mia famiglia, come un qualcosa di totalmente normale e naturale.
E poi, la moda. Una passione innata. In che modo l’ha traslata nella sua vita? E come è riuscita ad esprimere e comunicare sé stessa attraverso gli abiti?
Ho imparato, da bambina, a disegnare prima ancora di leggere e scrivere. È sempre stata una mia passione. Da qui nasce la mia scelta di orientarmi verso la moda piuttosto che verso il mondo dell’arte. Ho iniziato quindi a lavorare nel mondo della moda, e dopo una serie di esperienze, ho deciso di lanciare una mia personale linea di borse. Il mio intento è sempre stato quello di raccontare ed esprimere, attraverso ogni mio pezzo, le necessità delle donne. La borsa è quell’accessorio che dove tutte noi inseriamo le cose più care, i nostri “segreti”, ciò che desideriamo ci accompagni durante la giornata. Successivamente, ho ampliato con l’abbigliamento. Dò molta importanza alla vestibilità, alla portabilità, al movimento. Non a caso, amo le tasche ed il loro utilizzo, per un sempre maggiore comfort. L’idea è che più si è self-confidence, più ci si sente bene.
Creatività, estetica e bellezza, sono tutte parole che vengono racchiuse perfettamente nel brand che porta il suo nome, Sara Battaglia. Come nasce in lei il processo di ideazione di un capo e quali sono le principali fonti di ispirazione?
Può partire da qualsiasi cosa: da una foto, un libro, una canzone, una sensazione o un’emozione. Ad esempio, ho realizzato diverse collezioni ispirandomi a dei brani musicali, perché suscitavano in me un sentimento, che ho deciso di traslare in abiti. Sembra un concetto astratto, ma poi è in realtà un qualcosa che si concretizza perfettamente. Se ci si sente danzanti, ci si veste in un mondo. E viceversa, il contrario.
Ph by Julian Hargreaves
Parliamo di Red Collar: iniziativa che fa da megafono per la sensibilizzazione al tema della lotta contro la violenza domestica sulle donne. Il progetto, supportato da Wolford e Kering Eyewear è stato celebrato con evento svoltosi nel cuore di Milano. Innanzitutto, come nasce l’idea di creare un supporto concreto sull’argomento, e di far luce su un argomento debole per la nostra società?
Appunto perché è un tema debole, come hai detto tu, ho deciso di utilizzare la moda per comunicare e sensibilizzare su questo argomento. La moda rappresenta un megafono importantissimo, l’ho quindi utilizzata come strumento per accendere una luce su questa lotta. Ho pensato di realizzare una camicia bianca con il colletto rosso, la cui produzione è stata affidata a Dritto Filo, le cui donne ospiti hanno subito violenza di ogni tipo. Quando ho scoperto questa associazione mi sono innamorata del progetto e ho deciso di unire moda e sociale per parlare di una battaglia che molte, troppe donne vivono oggi tutti i giorni. È un’iniziativa che è nata in maniera naturale, senza forzature, e che si è concretizzata nel giro di un mese. La performance è stata meravigliosa, e sono stata felicissima del successo mediatico ricevuto. E di aver fatto conoscere l’associazione.
Obiettivo: sensibilizzazione. Quanto crede sia importante dare supporto e porsi nella posizione di combattere, attraverso l’impegno civile, la violenza di genere?
Importantissimo. Non ti nascondo che desidero portare avanti questa battaglia e sposare questa causa ogni giorno, d’ora in avanti, attraverso ogni mio capo ed ogni strumento in mio possesso. Proprio perché ritengo che sensibilizzare sia fondamentale. Più si parla di certi temi, più si può ottenere un riscontro in positivo. E magari, il tuo gesto può servire a quella donna che forse, in quel momento, si sente bloccata, e non sa cosa fare. O a quella donna ancora che ha già subito un trauma, e percepisce ci possa essere speranza di rinascita. Il concetto di women empowerment è secondo me fondamentale.
Ph by Julian Hargreaves
La camicia dal colletto rosso “Red Collar”, la cui produzione è affidata alle donne del centro antiviolenza Dritto Filo, rappresenta un capo di abbigliamento, ma solo in apparenza. In che modo l’iniziativa è a tutti gli effetti un simbolo ed un messaggio di forza e di solidarietà?
La camicia è un vero e proprio simbolo, in quanto chiunque scelga di indossarla sta in quel momento decidendo di sposare una causa importante. Ho cercato, tra l’altro, di creare delle camicie che avessero una linea unisex, in modo da poter essere indossate indifferentemente sia dal genere maschile che da quello femminile. Ho scelto la camicia per provocazione, essendo un capo nato inizialmente come maschile. Mi sono poi focalizzata sul colletto e sul colore rosso, che viene spesso associato alla sensualità, come simbolo di femminilità. Ho optato per un solo pezzo, e non per una collezione intera, in quanto penso possa essere trasmettere in maniera più forte il messaggio che intendevamo comunicare.
Tornando indietro alla sua collaborazione con Marina Rinaldi e alla collezione “Forever Holiday” – per riprendere una sua frase – dichiarò “Mi piacerebbe vedere la donna sempre più audace, forte e determinata. Che non si faccia mai condizionare da nessuno nelle sue scelte». Affermazione che suona quasi come un pronostico. La moda ed il sociale che si uniscono. Ecco, cosa le ha lasciato questo progetto virtuoso?
Sono felicissima di aver raggiunto un’obiettivo importante e di aver realizzato questo progetto, che mi ha lasciato una forte emozione. Ma l’empowerment femminile va avanti, e il mio impegno non finisce qui. Porterò avanti la combinazione tra moda e sociale e l’utilizzo dell’abbigliamento per cause di questo tipo.
Come impiegherà la sua energia positiva, nel futuro, lavorativamente parlando e non solo?
Sto lavorando su vari fronti, e vari progetti. Per esempio, mi hanno chiesto di rendere itinerante la performance che abbiamo realizzato a Milano, e la trovo un’idea bellissima. Fingers crossed e vedremo cosa accadrà in futuro!
Ph by Julian Hargreaves