Oggi, si festeggiano i papà. Pochi giorni fa’, il Comune di Milano decideva di smettere di registrare, negli atti di nascita, i genitori non biologici di bambini con due padri o due madri (in questo secondo caso solo se nati in Italia). Oggi, i padri si occupano dei figli così come le madri lavorano. E questo non rappresenta più un’eccezione (o almeno così dovrebbe essere) bensì una realtà. Siamo abituati a vivere una divisione dei ruoli, a distinguere tra quella che è la funzione materna e quella, invece, paterna. Eppure non è più così. Oggi dovremmo vivere, e stiamo vivendo, una trasformazione in positivo rispetto all’essere genitori e all’essere figli. L’uomo, la donna, possono ritrovare entrambi se stessi, fare i genitori liberamente, senza subire ruoli imposti e senza aver paura di togliere qualcosa al proprio bambino. Si parla spesso delle madri e della loro paura costante di sbagliare. E i papà? Vale lo stesso anche per loro. Freud diceva che educare un figlio è uno dei mestieri più difficili del mondo. Ma nascondersi dietro al dubbio e sottrarsi al compito genitoriale è una viltà. Bisogna avere coraggio e correre il rischio. Anche di compiere degli errori. Quali sono gli effetti dei padri che fanno da madri, o viceversa, sui propri figli? Nessuno. O meglio, niente di negativo. Qual è il rischio? Una maggiore tenerezza, indulgenza? Ricordiamoci, ad esempio, che sono finiti i tempi del padre-padrone. L’autoritarismo ha perso legittimità ed interesse. Oggi la priorità è una relazione sincera. Il saper vivere e convivere sulla stessa nave e aiutarsi a vicenda, padre, madre che sia, e figlio. Ciascuno, nelle modalità in cui lo desidera. E invece in questi giorni arriva una notizia sconcertante da Milano (si, Milano!): si decide di interrompere la pratica di riconoscimento (precedentemente approvata) della genitorialità di coppie di donne e uomini diventati genitori attraverso la fecondazione eterologa o la gestazione per altri (ovvero la cosiddetta “maternità surrogata”) fatte all’estero. In Italia, le coppie composte da due donne non possono accedere alla fecondazione eterologa, ammessa solo ed esclusivamente alle coppie eterosessuali. Per questo motivo, succede che queste coppie si rechino all’estero e poi partoriscano in Italia. Stesso iter vale per gli uomini. In Italia esistono centinaia di coppie omogenitoriali che hanno avuto o stanno avendo figli concepiti all’estero in questo modo. A tal proposito, il sindaco di Milano Sala ha definito «un passo indietro» la sua decisione ed ha spiegato «che la registrazione non dipende solo dalla volontà politica: è un atto che ha a che fare con l’apparato legislativo del comune e io, vista anche la presa di posizione della procura, non posso esporre un funzionario comunale a rischi personali di natura giudiziaria». In poche parole, il governo Meloni ha deciso di sottrarre diritti e tutele ai minori nati dalle coppie omoaffettive e omogenitoriali che si trovano così a vivere nuovamente e continuamente discriminazioni ingiustificate. Esistono però persone, e parliamo di esattamente centocinquantamila minori figli di coppie omogenitoriali che vivono in Italia, alle quali con questo provvedimento vengono negati diritti fondamentali che dovrebbero essere intoccabili. Parliamo di bambini che non possiedono colpe alcune e che subiscono decisioni altrui pagandone il prezzo sulla propria pelle. Ricordiamoci che Dio non rinnega nessuno. In un’epoca in cui si proclama tanto l’inclusività, inclusivi non siamo affatto. In un mondo in cui parliamo di valori positivi, di accettazione, al contrario stiamo confermando il fatto che, pur pensando di aver fatto un passo in avanti, ne abbiamo fatti 100 indietro. Potremmo semplicemente aprire le braccia alla gioia, all’amore semplice così com’è, puro e mai uguale. Eppure non lo facciamo. Se non si riesce a cogliere la bellezza racchiusa nell’unicità dell’essere diversi, non si capirà mai che in realtà ognuno dà vita alla famiglia che desidera, come è giusto che sia, e che ogni famiglia è unica così com’è. Chi siamo noi per poter giudicare? Chi siamo noi per decidere per gli altri? Chissà cosa penserà Luca Trapanese, ad esempio, padre single che ha scelto di adottare una bambina affetta da sindrome di Down. Non rappresentano forse anche lui ed Alba, sua figlia, una famiglia a tutti gli effetti? Possiamo mai accettare adesso il timore di ricadere nella dimensione dell’omofobia, che dovrebbe essere ormai lontana e non giustificata? Possiamo accettare la stigmatizzazione ed il pregiudizio rivolti verso uno specifico contesto familiare? Rischiamo adesso di ricadere in un vortice che pensavamo di star piano piano allontanando. Interiorizziamo allora questi sentimenti come fossero nostri. Forse, solo provando le stesse paure di chi si trova in questa situazione oggi, potremmo davvero capire. E magari, allora, faremo un passo indietro. O meglio, finalmente, un passo in avanti.