Raccontateci quando e come nasce l’idea della creazione del vostro brand, Lessico Familiare.
Lessico Familiare nasce nel 2020 in piena quarantena, “per allegria e per noia”*, abbiamo riempito le giornate confezionando vestiti per noi stessi. Da qui le prime tende smontate e i maglioni disassemblati, fotografati sui nostri vicini di casa. Abbiamo iniziato a condividere immagini, senza ambizione o chissà quale piani, e man mano il progetto è cresciuto fino al podio di Who is on Next?. La formazione iniziale prevede Riccardo Scaburri, direttore creativo e founder, e Alberto Petillo, co-founder e sarto. Dopo un annetto si è aggiunta Alice Curti amica e designer. Siamo tre ragazzi che cercano di sprecare il meno possibile e che tendono ad ingigantire i vesititi, omaggiando il lessico di Natalia Ginzburg. *Natalia Ginzburg “Ti ho sposato per allegria” (1964)
Un nome ed un cognome: Natalia Ginzburg. È da qui che deriva l’ispirazione per il nome del brand, giusto?
Il nome Lessico Familiare è un chiaro omaggio a Natalia Ginzburg e al suo di “Lessico famigliare”. Abbiamo, oltre ad aver tolto una G, cercato di compiere un’azione analoga alla sua, ovvero conservare e raccontare il nostro lessico domestico. Non tramite parole, ma con indumenti, fatti di tovaglie, tende, anche stracci ingialliti. Abbigliamento domestico a tutti gli effetti. C’è poi un grande il legame con l’imperfetto, una delle sue forme verbali predilette: mai conclusivo come il passato remoto, ma sempre testimone di proseguimento, moto, continuazione.
Il vostro motto possiamo dire essere “Sustainable clothing for techno folk souls”. Spiegateci meglio cosa intendete.
La parte “sustainable clothing” è quella più chiara e si riferisce all’approccio e metodo con cui lavoriamo: recuperiamo tutto, dai colletti che diventano borse e alle maniche neo manici, e cerchiamo di confezionare un capo che sia il più sostenibile possibile. Techno folk è un termine che abbiamo coniato anni fa per descrivere, anche tramite clichés, l’estetica che più ci è affine: un lato randagio e sporco (il techno), molto vicino alle nostre radici casalinghe e lontane dalla città (folk), con qualche tocco teatralmente principesco (balze e fiocconi)
Patchwork, linee destrutturate, volumi esagerati, elementi leziosi. Cosa volete esprimere con le vostre creazioni e quali sono i materiali ed i tessuti che prediligete maggiormente?
Nella selezione dei materiali ci muoviamo in primis visivamente, vediamo colori, forme, stampe e selezioniamo quello che più ci attrae senza pensare al risultato finale. Poi c’è la parte tattile per valutare come bilanciare i pesi dei vari capi / elementi di riciclo. In seguito li poggiamo su un tavolo, a terra o sul divano e creiamo “collage” senza tagliare, li abbozziamo su un foglio e poi si procede alla scomposizione dei vari pezzi. Infine confezioniamo l’effettivo capo, con effetti sia patchwork che trompe l’oeil che sproporzionamenti. Non credo ci sia qualcosa di specifico o mirato che vogliamo esprimere, è una valvola di sfogo dove non abbiamo vincoli. Ne risulta, credo, un’aria libera, nostalgica ma non statica.
Sostenibilità: perché è importante, secondo voi, nel mondo di oggi e che rilevanza personale attribuite a questo concetto?
Quello sostenibile è per noi un approccio fondamentale, dato per assodato e senza bisogno di essere troppo comunicato. Credo che ciò emerge immediatamente vedendo un nostro capo, ci teniamo a rispettare sia gli indumenti e chi li produce (confezionandoli noi stessi). Una nuova conservazione senza sovrapproduzione è ciò a cui ambiamo. Tutto è unico e non riproducibile, se non nell’idea dietro a un indumento, impossibile per fit o materiale o dettaglio, e questa è la sostenibilità di Lessico. Sostenibilità che per noi va a braccetto con unicità.
Che difficoltà incontra un brand giovane, al fine di un inserimento all’interno del fashion system?
Potremmo elencare tutte le difficoltà in cui noi incappiamo quotidianamente (dalla comprensione del progetto, all’idea del no size e non riproducibilità), non so se poi siano le stesse dei designer giovani e indipendenti, ma fondamentalmente noi in questo sistema non siamo inseriti. Ci orbitiamo attorno, a volte entriamo nella sua rotta, ma, strutturalmente (realizziamo tutto noi internamente, non abbiamo ufficio stampa e non possiamo garantire riproduzioni) non siamo portati a farne parte. E va bene così. Raramente definiamo lessico “brand”: è un progetto domestico, sostenibile e che può prendere più strade. Abbiamo confezionato vestiti e sfilato, abbiamo realizzato carte da parati tessili ma anche collaborato a live perforomance. Siamo outsider a cui piace assaggiare più aspetti, non sempre fashion, anche se spesso molto fashion.
Che ruolo ha ricoperto per voi il concorso promosso da Altaroma, Who’s on next?
AltaRoma / Who Is On Next? È stata una bellissima bolla di 4 giorni in cui abbiamo avuto modo di raccontarci in un nuovo contesto, conoscendo sia altri designer indipendenti che colossi del sistema moda, sia dal lato creativo che da quello commerciale. Riuscire a ottenere un così bel riscontro (il terzo posto è sempre stato il mio preferito) e approfondire punti di forza e debolezza di Lessico ci ha aiutato a maturare una nuova consapevolezza su cosa vogliamo e non vogliamo per questo progetto, senza contare le tante collaborazioni e occasioni nate poi in seguito a questi concorso.
Cosa auspicate per il futuro del brand e per il futuro della moda stessa?
A Lessico per il futuro (anche se preferiamo parlare del presente) auspichiamo la coerenza e la calma, stessa cosa, quest’ultima, che auguriamo al futuro della moda. Calma, non lentezza, come sinonimo di momenti per pensare e ripensare.