Raccontare il mondo che osserva, attraverso la recitazione e la musica. Matteo Paolillo sceglie, con cura, di vivere ogni cosa che sente ed assorbe continuamente ogni sfumatura dell’animo umano. Nella sua arte, c’è un bisogno necessario e limpido di dar voce alle persone e alle loro infinite storie di vita, quelle lontane e vicine. Nel corso della nostra conversazione mi rivela: ”Gli artisti sono dei Peter Pan”.
Allora, lo immagino volare, con magia e stupore, verso ogni meta irraggiungibile, posarsi sui tetti delle case degli altri, osservare i volti sconosciuti di chi ha bisogno di parlare e farsi ascoltare, prendere appunti su fogli preziosi e poi, soltanto poi, riuscire a raccontare tutto ciò che gli è stato raccontato della vita che c’è e ci sarà.
Benvenuto Matteo. Sei reduce dal successo della seconda stagione di Mare Fuori. Quali sono le domande che ti ha posto Edoardo in questi due capitoli della serie? E quali sono i doni che pensi abbia condiviso con te a livello umano?
La cosa bella di approfondire un personaggio per tanto tempo è che non smette mai di generarti domande, sempre più specifiche. Principalmente le cose che mi sono chiesto di più sono: Come si capisce cosa è giusto e cosa è sbagliato? Come si vive un amore impossibile? Come si elude una scelta?
Come vive una tigre? Edoardo è ambizioso. Vuole prendersi tutto quello che desidera con fretta consumistica. Quello che lo mette in crisi è che le persone intorno a lui non lo accettano così e lo mettono davanti a decisioni che non vuole prendere. Questo personaggio mi ha donato Napoli, la potenza del mare. Ha condiviso con me le rime e la poesia, un amore adolescenziale e le responsabilità di un adulto. Mi ha donato l’essenza di una tigre, che etimologicamente è una “saetta” o un “dardo” e tutto questo continua e continuerà ad influenzare la mia vita.
Edoardo è un personaggio ricco di fragilità, difficoltà, barriere, contesti sbagliati in cui sopravvivere. Quanto è stato importante, per te, raccontare un essere umano del genere?
Raccontare Edoardo mi porta ad elevare la mia ambizione artistica.
Edoardo è un ragazzo che si trova a fare scelte sbagliate, ma molte scelte sono influenzate dal contesto. Queste scelte vengono influenzate tutti i giorni non solo a Napoli, ma in tutto il mondo. Quindi per cambiare direzione ad un ragazzo come Edoardo c’è bisogno che tutto il mondo giri in un’altra direzione. È uno spunto per cambiare l’umanità nei confronti della violenza, della rabbia, dell’arrivismo, del razzismo e di come l’individualismo ci porta a voler prevaricare sugli altri.
Da poche settimane, è uscito il tuo primo EP dal titolo Edo. In che modo la musica riesce a darti la possibilità di esprimerti?
La musica viene elaborata dal pubblico più velocemente. Inoltre, è comprensibile per chiunque perché opera sull’udito e non sulla vista che è più pigra. Grazie alla musica e più in particolare con le rime, riesco ad esprimere in maniera più sintetica quello che penso e quello che vorrei cambiare. Le esperienze che vivo vengono così condensate in poche parole con l’ambizione di trovare qualcuno che empatizzi. In qualche modo, per me, è un canto di richiamo, una ricerca di vicinanza con altre persone che si sentono come me.
Mi descriveresti ‘Edo’? Come nasce ogni canzone?
Quando lavoro ad un personaggio mi ci immergo molto grazie alla musica che ascolto, viceversa quando mi dedico alle canzoni. Il lavoro interpretativo su Edoardo negli anni ha portato ad Edo. Ogni brano è come se lo cantasse lui. La prima canzone che ha partorito è stata ‘O Mar For che è una sorta di canto di consolazione per se stesso durante la prigionia.
Subito dopo ho immaginato il passato tra Edo e Ciro ed è venuta fuori “Fa chell’ che ‘a fa”. Successivamente, ho iniziato a riflettere sulla violenza e sul sentimento della rabbia e ho scritto “Sangue Nero” e poi “Amare chi fa male” che più nello specifico si concentra sulla violenza sulle donne.
Continuando a ragionare sulle relazioni d’amore, ho scritto “‘O Mar fa Paura” che paragona il mare ai sentimenti e la difficoltà nel gestirli. Poi “N’ata Poesia” che Edoardo dedica a Teresa dopo la loro rottura.
Infine, il disco si chiude con “Edo Freestyle” sulla scia del cambiamento di tutti quelli che ho intorno da quando Mare Fuori ha avuto successo.
Quando è entrata l’Arte, la recitazione e la musica, nella tua vita? E quando hai pensato: ecco, voglio fare l’artista.
Non credo sia qualcosa che si pensa, ma qualcosa che si sente. Da sempre ho sentito la necessità di esprimere quello che ho dentro. Lo facciamo tutti da bambini attraverso il gioco, io non ho mai smesso di farlo. L’arte è semplicemente il nostro gioco infantile reso in maniera più intellettuale per essere compreso dagli adulti.
Quali sono le storie che vuoi raccontare, nella musica e nel cinema?
Voglio raccontare il presente e far immaginare il futuro. Con la musica canto quello che ho intorno. Come vivo la mia generazione, quella dopo e come percepisco quelle prima. Nel Cinema voglio raccontare, con il mio corpo e la mia voce, quelle che sono le gioie e le sofferenze del vivere in questo secolo. Mi piacerebbe anche immedesimarmi in personaggi appartenuti al secolo scorso.
Chi è Matteo visto attraverso il suo stesso sguardo?
Matteo cambia velocemente e il mio sguardo non riesce a stare al passo di questa evoluzione. Se lo guardo adesso, in questo istante, vedo un uomo che sa essere maturo, ma ancora legato all’adolescenza (anche per via di Edoardo) ed eternamente legato all’infanzia (anche per via del lavoro).
Gli artisti, in fondo, sono tutti dei Peter Pan.
Fotografo: Francesco Guarnieri
Grooming: Daniele Esposito
Giacca con frange: MARSĒM
Ufficio stampa: Amendola Comunicazione