Nell’ odierno duemila e ventuno bisogna, nel proprio piccolo, sensibilizzare il prossimo, inducendolo a denotare che la bellezza viene ancora strumentalizzata ed industrializzata, ma soprattutto costantemente derisa e sottoposta a critiche. Al che, con l’avanzamento delle tecnologie, i social divengono per fortuna e sfortuna, lo specchio di un’anima, che in molteplici occasioni, non vi è veritiera, modellata per far morire l’unicità.
Denotando tutto ciò, Alare quindi non solo nasce dall’ unificazione di due parole ovvero: alma e disfare; ma anche perchè, proprio come gli uccelli, le persone necessitano di spiegare le proprie ali e ambire alla libertà, nella quale si va oltre l’involucro di carne e oltre i critici specchi con l’obiettivo di superare la superficialità della massa per amare l’anima e le in-perfezioni dei propri corpi.
E’ bastato chiedere “Avete mai subito Body Shaming?”; nelle storie d’Instagram, che molte persone, nei luoghi più disparati del mondo, hanno avuto il coraggio e lo sprono d’unirsi a questo messaggio d’amore, donando la loro storia e persino le proprie sfumature, per mettersi a nudo, concedendo l’onore di carpire, raccogliere in una piccola brossura denominata Storie di anime; di modellare un nuovo concetto di bellezza che donasse importanza e valore a dettagli differenti, che comprendessero qualcosa d’immateriale: lo spirito. Al che, attraverso la modellazione dell’abito, la plissettura di una balla di tessuto anticato e quindi riciclato (Georgette in seta) mixato al Bambù, hanno tirato fuori tutto ciò che c’è dentro al nostro involucro, cercando di modellare la profondità dell’Essere. Questo è servito per confezionare un abito che ricordasse la muscolatura del corpo umano con l’intento di far superare, a chi decide d’abbracciare il messaggio, le proprie insicurezze; inducendolo alla comprensione che siamo liberi solo se ponendoci dinanzi ad uno specchio, carpiremo che l’unico dettaglio che differenzia e che ha realmente possiede un valore, è la nostra anima, la quale mobilita le forme sinuose del nostro corpo.
Unendo i valori di sostenibilità, fondamentali soprattutto in questo periodo storico ad una forte problematica sociale, hanno reso udibile il coro di queste anime disfatte attraverso la voce di Luana che unita alla bravura di Federica Martucci, fotografa di grande talento, con Raffaella modella dello shooting, attraverso i suoi scatti nel Museo Campano di Capua, di rendere viva e visibile la bellezza del corpo, valorizzandolo in uno scenario, nella quale le Matres Matutae osservavano lo sfiorare di Alare sulla pelle delicata di un corpo libero.
Luana conclude: “Noi non siamo etichette. Non siamo domande, ma siamo solo anime e come tali dobbiamo essere rispettate e valorizzate per ciò che siamo realmente. “
Progetto Fashion EcoDesigner Luana Cotena e Federica Martucci