Abbiamo fatto due chiacchiere con l’artista Maria Luigia Gioffre. Classe 1990, Maria Luigia è un’artista italiana che lavora con l’arte visiva e la performance.
– Come ti avvicini al mondo dell’arte?
Da piccola mi divertivo a mettere apposto gli album di famiglia e creare delle storie partendo dalle foto delle vacanze o delle gite. Mi avvicino alla fotografia verso i 23, 24anni, Da qui, ho virato gli studi in scienze politiche verso la fotografia e la pratica artistica. Per me l’arte possiede anche un forte valore ludico. Ad esempio, da piccolina ho dipinto tutta la stanza di verde un giorno che i miei genitori erano usciti, questa cosa ritorna in una mia performance, il muro bianco di penelope.
Così mi sono avvicinata all’arte e poi alla performance per un’urgenza di dare corpo anche al linguaggio visivo, di esserci fisicamente. Ho seguito a lungo alcune registe che mi hanno formato, in questo senso.
– Cosa ti ha portato ad intraprendere questa carriera?
Non è una cosa che ho scelto, direi anzi che è stato il naturale evolversi delle cose. Non ho scelto di fare l’artista anzi, mi sarebbe piaciuto fare una professione più renumerativa. Però il posto dove mi sento a casa è la pratica artistica. Nel linguaggio dell’arte e della poesia mi sento a casa. Sento di potermi esprimere solo così.
– Progetti in corso
A partire da qualche anno, cioè da quando sono rientrata in Italia, mi sto dedicando a riallacciare un rapporto con le mie origini; ossia con la Calabria. Ciò sta avvenendo tramite un’attività che curo e che si chiama InRuins. InRuins è una piattaforma di ricerca per la mobilità internazionale. Organizziamo residenze, attività di ricerca storico-archeologica. Ma anche tramite lo sviluppo di miei lavori, in particolare una performance che riprende alcuni miti della Costa Ionica, in particolare della città di Palmi. Quest’ultimo è un progetto che spero di poter concludere presto.
– Un progetto a cui sei particolarmente legata
Sono molto legata a qualcosa che è in verità marginale alla mia pratica che è quello della scrittura semantica, tutta la mia produzione di dipinti e disegni. Nascono come delle lettere. Parto da un’esigenza molto intima e cerco di tradurla in qualcosa che non mi riguarda. Cerco di tradurre l’intimo, in qualcosa che intimo non è. Ma poiché la componente è molto intima, vi sono molto legata da un punto di vista viscerale. Sono anche molto legata a tutto ciò che scrivo ed anche questo non fa parte della mia produzione artistica in senso ampio ma che però è cornice fondamentale a quello che è il lavoro più visivo.
– Artisti a cui ti ispiri
Il mio artista più caro, vivente è Papaioannou. Mi è capitato di lavorarci vicino per la sua premiere italiana di “ Since She”. Ogni volta che vedo i suoi lavori è subito un riconoscimento dell’arte, come dire “Ecco, questa è l’arte”. Questa sensazione così immediata non mi capita quasi mai. Ci sono poi altri artisti che mi piacciono tanto. Però vorrei precisare che ho scoperto prima il bisogno di fare arte e poi gli artisti, quindi non c’è un processo di imitazione. A me, influenza tanto il pensiero filosofico.
– Come vedi la figura della nel mondo dell’arte.
Molto dipende dalle geografie dove si opera. Credo anche che la questione del male gaze sia ancora tanto presente. Mi è capitato di lavorare in contesti di soli uomini ed in contesti di sole donne e si sente la differenza. Credo anche che si possa essere madri e artiste contemporaneamente.
. Non sono molto accanita sull’argomento, per quanto riconosco che le atmosfere sono differenti. Quello che però capita a me, più che una questione uomo-donna è più una questione di relazioni in base allo status quo. Sicuramente la coralità femminile (da non confondere con il femminismo) è cambiata nel tempo.
– Progetti futuri
Mi piacerebbe creare un lavoro che metta insieme tutti i pezzi del puzzle che sto costruendo, più che altro per creare una visione d’insieme. Una qualche coerenza, anche se coerenza è una parola difficile. Sicuramente vorrei creare un qualcosa di più organico, invece di tanti piccoli interventi. Spesso, nel mio lavoro vedo come se ogni cosa che faccio è un pezzo di qualcos’altro che ancora non ho fatto. Mi piacerebbe svelare questo puzzle.
Photo Courtesy of the Artist