Cos’è la “diversità”? Tutto ciò che è diverso, dissimile. In filosofia, significa negazione di identità. “Inclusione”, invece, sta ad indicare la relazione che sussiste tra due insiemi che possono coesistere.
Come un paradosso, ecco questi due concetti, storicamente uno in conflitto con l’altro, l’uno determinante l’esclusione dell’altro, diventare complementari.
E’ proprio in funzione di ciò che la CNMI, con il suo Presidente Carlo Capasa, decide di creare il “Manifesto della diversità e dell’inclusione”: in cui non solo la diversità si rivela un valore aggiunto, ma due dogmi contrastanti tra loro si fondono per creare un armonia strategica perfetta.
Non più discriminazione e stereotipi da marginalizzazione, niente più modelli standard, ma volontà e desiderio di includere, appunto, di accogliere, tutto ciò che è diverso e marginale.
Ecco, pertanto, quali sono i 10 principi cardine del Manifesto, che fanno da modello per il cambiamento:
1
La diversità è un asset
Le imprese e i CEO comprendono come avere un team multiculturale porti ad un ambiente di lavoro più dinamico e ad un migliore rendimento. Essere intransigenti verso comportamenti o atti discriminatori permetterà ai collaboratori di vivere più serenamente.
2
La moda ascolta
La moda trae la sua ispirazione creativa dall’ascolto di culture ed esperienze di vita differenti, dando voce a chi è stato emarginato.
3
Collaborare un impegno
La collaborazione arricchisce la moda. Ci impegniamo a creare un ambiente di lavoro collaborativo frutto della condivisione di esperienze, progetti, idee e conoscenze diverse.
4
Il talento non conosce pregiudizio
La moda è un terreno di creatività e visione, crediamo quindi che qualsiasi individuo con capacità, voglia di imparare, talento e competenza, abbia una storia da raccontare e il potenziale per avere successo. La moda non deve dare spazio ai pregiudizi, bensì premiare le persone di talento dando loro mezzi e strumenti di visibilità.
5
E(ste)tica. Recuperiamo la dimensione etica dell’estetica
Canoni di bellezza fisica e modelli psicologici dannosi si sono diffusi nell’industria della moda: dalle passerelle, alle pubblicità fino alle campagne editoriali. È tempo di cambiare. Un’evoluzione culturale degli standard di bellezza e delle norme giuridiche condivise tra brand e agenzie di moda, saranno la chiave per restituire un volto più etico al settore.
6
La moda crea cambiamento
I brand di moda hanno il potere di creare nuove tendenze e guidare verso un cambiamento positivo. Un’azienda può definire nuovi obiettivi, cambiare i modi di pensare, ampliare le prospettive e ispirare un mondo in continuo cambiamento. Ciò che conferisce alla moda un così forte impatto è la sua capacità di innovare e di creare. Il potenziale di queste caratteristiche può essere amplificato modificando il modo di agire.
7
L’inclusione crea opportunità di business
Numerose ricerche di mercato hanno dimostrato che le politiche inclusive hanno una forte incidenza sul business delle imprese. Allo stesso tempo, l’inclusione trasmette la cultura aziendale, spesso attrae nuovi talenti e favorisce una relazione di maggiore fiducia con i clienti.
8
Tecnologia come facilitatore, non barriera
L’adozione di nuove forme di tecnologia rappresenta un ulteriore modo per aumentare l’inclusione, anche se non tutti i collaboratori possono essere considerati “nativi digitali”. L’insegnamento e l’applicazione di nuove abilità abbatteranno le barriere e renderanno le nuove forme di tecnologia accessibili a tutti.
9
La moda non ha paura
Nel corso della storia, i visionari nella moda (come i designer, manager e influencer) hanno sfidato lo status quo ampliando i limiti di ciò che è creativamente possibile. La moda ci aiuta ad affermare chi siamo e chi vogliamo essere. Grazie all’impegno aperto a diverse prospettive è possibile immaginare un nuovo futuro per il branding delle aziende di moda.
10
Non solo parole
È fondamentale che il concetto di Diversità e Inclusione sia integrato nella struttura complessiva del business e allineato alla mission e ai principali valori delle nostre aziende partner. CNMI si impegnerà a monitorare come i brand adotteranno e implementeranno i 10 punti del Manifesto all’interno della cultura aziendale.
E’ con questi dieci “comandamenti” che la Camera Nazionale della Moda Italiana intende abbattere qualsiasi tipo di barriera strutturale, qualsivoglia ostacolo all’equità.
Il Manifesto, frutto del lavoro del Tavolo di CNMI «HR & Education», è stato redatto con il contributo di Kimberly Jenkins, professoressa di moda e costume alla Parsons School of Design. Istituito nel 2017, fanno parte del CNMI alcune tra le più importanti maison italiane: Aeffe, Bottega Veneta, Emilio Pucci, Ermenegildo Zegna, Etro, Fendi, Gianni Versace, Giorgio Armani, Gucci, Loro Piana, Max Mara, Missoni, Otb group, Prada, Roberto Cavalli, Salvatore Ferragamo e Valentino.
Il Manifesto, presentato al Teatro Girolamo di Milano in occasione del talk ‘Including Diversity’, alla presenza della ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti e il presidente di CNMI, Carlo Capasa, è stato presentato durante il convegno organizzato dall’istituzione promotrice del Made in Italy con lo scopo di aiutare i brand a ricreare un luogo in cui regnino pari opportunità e avviarle verso un percorso di trasformazione verso l’inclusività. «Abbiamo esaminato i trend e raccolto soluzioni. La moda è avanguardia, personalità ed espressione di identità e stile di vita diversi», ha spiegato il Presidente nel corso del suo intervento.
Ecco che nascono gli ideali di “black positivity” con il motto “black beauty matters”, e la “bodypositivity” con la consacrazione delle modelle curvy. Non solo: modelli transgender, plus size, disabili, con la vitiligine o il monociglio, sono sempre più richiesti e simbolo di evoluzione.
Cambia così, radicalmente, la visione della fashion industry, apparentemente da sempre veicolatrice di un ideale illusorio e lontano dalla realtà e va incontro all’apertura (finalmente) a nuovi canoni di bellezza.
La Moda diventa pertanto simbolo della donna con la D maiuscola, che lotta per i propri ideali, contro canoni retrogradi e deteriorati. Diventa, in poche parole, simbolo di rivoluzione.
E’ tempo di mettere sotto ai riflettori la diversità, la disabilità, tutto ciò che è sempre stato escluso dal dibattito, ed i social media, la pubblicità, così come le sfilate, diventano lo strumento necessario attraverso il quale la bellezza, in tutte e proprio tutte le sue forme, possa esprimersi. Dopotutto, vedere qualcuno dal quale sentirsi rappresentato non è il modo migliore per sentirsi incluse?
Finalmente la moda parla un nuovo linguaggio. E’ solo l’inizio? forse. Ma getta le basi per un nuovo ABC da seguire.
Dunque, come i 10 comandamenti sono Legge e fondamento dell’Antico Testamento, così i dieci dogmi del Manifesto della Camera Nazionale della Moda Italiana lo siano per la Moda, e per le donne.
E così sia.