La Milano Fashion Week di quest’anno è stata piuttosto particolare, in un periodo storico non facile per l’umanità il cambiamento è sempre dietro l’angolo.
La moda di per se ha avuto dei cambiamenti radicali, nell’estetica, nella forma come nello spirito, uno tra questi è stata la decisione di Maison Valentino di spostare lo show da Parigi a Milano come sostegno evidente al sistema moda italiano.
Con questa decisione la rivoluzione è solo all’inizio, Pierpaolo Piccioli infatti, ha lasciato le location Parigine per una più cruda e tagliente atmosfera delle Fonderie Macchi, una fonderia metallurgica attiva a Milano dal 1936.
Composizioni di fiori selvatici e piante hanno riempito il vasto set industriale in una potente installazione dell’artista giapponese Satoshi Kawamoto. Il designer ha portato un moto rivoluzionario anche nella scelta estetica della location: una guerrilla gardening che irrompe di delicata bellezza gli spazzi grigi di cemento armato, un forte atto di romantica resistenza urbana.
La scelta del cast è altrettanto differente, non modelli professionisti ma scelti con uno street casting, persone diverse con una storie diverse, ogni abito rispecchiava la personalità del singolo individuo. Questa forte ridefinizione del brand si adatta quindi all’essenza di oggi, per un mondo che cambia.
Le linee maschili e femminili si adattavano perfettamente l’una per l’altra: ciò che indossava l’uomo lo indossava anche la donna. Pizzo, macramè e uncinetto erano le note Couture della collezione; ma anche look lineari, quasi minimali, eteree opzioni serali che sono diventate sinonimo di stile Valentino.
Il forte contrasto scelto dal designer Romano, cosi prepotentemente diverso dall’estetica Couture di Valentino, è un forte segno di cambiamento anche nella ridefinizione dei codici stilistici della maison.