Si è conclusa martedì la Milano Fashion Week dedicata all’uomo, ed è ora di fare il punto della situazione.
Mai come quest’anno la commistione tra il classico e lo streetwear si è posta con prepotenza, e la sostenibilità come obbiettivo primario. La stagione Autunno Inverno 2020 porta nuove visioni creative in cui i designer hanno sperimentano nuovi concetti e approcci verso il menswear.
Alessandro Sartori, direttore creativo di Ermenegildo Zegna, pone la possibilità di far indossare il tailoring alle generazioni che non l’hanno mai indossato, inserendo dettagli e accorgimenti affini alla loro cultura.
Sartori studia, inoltre, ogni strategia possibile per arrivare a un concetto di moda sostenibile che comprenda gli aspetti più inclusivi del concetto di sostenibilità, mobilitandosi non solo con i materiali, ma anche consumo, approvvigionamento di materie prime e, non meno importante, al carattere umanistico del lavoro.
Silvia Venturini Fendi presenta una collezione moderna con elementi sia classici che street, sia maschili che femminili, per un uomo che vive un momento storico incerto, con i cambiamenti climatici e la sostenibilità che è diventato argomento cardine in ogni strato sociale.
I cambiamenti si pongono fortemente sulla struttura del capo:
modulando cappotti, giacche e pellicce che si modificano attraverso applicazioni di cerniere sulle lunghezze, sulle maniche, sui volumi, e pantaloni che si trasformano in bermuda.
Alessandro Michele celebra il suo quinto anniversario in Gucci, e coglie l’occasione per sfidare del tutto la definizione moderna della mascolinità, dando vita a una collezione dall’aspetto gender-neutral.
Si pone a metà dai generi convenzionali, con look che si adattano perfettamente sia all’uomo che alla donna in maniera fluida e, come sempre, alla maniera di Michele.
Miuccia Prada rende presente una collezione che unisce il passato e il futuro, il vecchio e il nuovo, lo sportivo con il formale, immaginando un mondo in cui lo streetwear si incontra a metà strada con la sartoria classica.
I colori vanno da quelli vivaci al classico bianco e nero, cosi come i materiali: il nylon che si presta ai capi street come a quelli classici.
La collezione di Francesco Riso per Marni è stato definito un rave party, ma lento. Una sfilata che pone tutte le basi per una collezione dai toni eleganti, ma dipinti da colori nu rave, house, con proporzioni rap e hip-hop. Un Marni inedito, che fino ad ora si era mantenuto sul “politicamente corretto”.
Per MSGM sono in due a presentare la collezione, Massimo Giorgetti ed il suo lato oscuro ( parole del designer ).
Indagando a fondo tra le sue influenze troviamo il regista Dario Argento, svelando un approccio più maturo alla sua collezione, fatta da completi classici che dialogano con i codici estetici streetwear del marchio.
Il risultato è una collezione a tinte accese, con il rosso, il ciclamino, il turchese e il verde che dialogano alla perfezione con le
varianti dark.
Giorgio Armani insegna, eleganza senza frontiere che trae forza e potere dall’industria tessile che non tollera rinunce, neanche sulla neve.
La sfilata si apre proprio con capi imbottiti da settimana bianca a Sankt Moritz, piumini al limite dello scientifico grazie all’ampio ricorso a tecnologie waterproof che ne esaltano la funzionalità. La formalità Armani non è da meno, grazie alla sapienza tecnologica fornita dalle industrie, con tessuti che rendono già solo alla vista. Prodigi, quelli dell’industria tessile, che Armani ha tenuto a sottolineare.
Si conclude, quindi, una Fashion Week in cui Milano ha dato la prova di essere matura e sapiente delle proprie qualità.