Stilista, esponente della moda e del lifestyle sostenibile, pioniere del “New Luxury” sono solo alcuni dei modi con cui può essere definito Oskar Metsavaht, fondatore del brand Osklen. Abbiamo avuto l’opportunità di chiacchierare con lui in occasione della sua conversation al FFFMilanoForGreen e della visione del suo documentario “ASAP- As Sustainable As Possible, As Soon As Possible” e, non solo abbiamo scoperto che non è così difficile fare la nostra parte, ma anche la sua equazione sul lusso e la sua visione di moda.
È possibile essere veramente sostenibili al 100%?
Certo che è possibile, dipende dagli uomini. Per esempio, se tu lanci adesso una compagnia facendo solo un semplice prodotto che viene da una catena sostenibile, ce ne sono già alcuni, ma questo è… quello che pensiamo della nuova economia per essere al 100% sostenibili è un principio, e lo raggiungeremo in alcuni anni. Dobbiamo ricordare che veniamo da 200 anni di rivoluzione industriale, quindi l’economia globale è ancora del vecchio tipo. Siamo una società che pensa ancora alla sostenibilità, che pensa ancora alla sostenibilità dell’ambiente sociale, con questo caos della tecnologia, con questa genetica trasformazione che viene dalla tecnologia, quindi viviamo in un momento di transizione della civiltà, la transizione non significa che quello che pensiamo deve necessariamente accadere o succederà solo perché adesso vogliamo essere sostenibili al 100%. Sappiamo che dobbiamo esserlo, ma ci vorrà del tempo. Come il Rinascimento del 15-16 secolo, veniamo dal Medioevo ed andiamo verso la rinascita della scienza, della filosofia, dell’arte, siamo diventati più umani e possiamo portare la scienza ed il desiderio di noi essere umani, insieme alla sensibilità dell’arte e della spiritualità e ci muoviamo verso quello che siamo. Andiamo verso la tecnologia, verso quello che siamo. Viviamo, dal Rinascimento, almeno 2 3 volte in più di quanto vivevamo prima.
Riguardo la sostenibilità, abbiamo iniziato, la società globale ha iniziato solo alcuni anni fa, alle UN nel 1956, 60 anni fa e qualcosa. È stata la prima volta che si è parlato di preservare, preservare la natura. È stato nel 92, la conferenza delle Un nel 92 è stata la prima volta che abbiamo parlato di sviluppo sostenibile. Cosa significa? Dal punto di vista economico, dobbiamo, la società globale deve, continuare a creare prodotti che servono ad ottenere il nostro benessere per noi in questo pianeta, quindi dobbiamo svilupparci economicamente, ma in modo sostenibile. È stato solo nel 92, è così vicino, pensateci, stiamo vivendo adesso la transizione di una civilizzazione quindi è fantastico che il nostro modo di pensare sia già cambiato. È per questo che ne stiamo parlando adesso, stiamo potendo fare così tante conferenze, è un problema ora la sostenibilità, perché è urgente pensare al pianeta, sappiamo che quello del climate change, non è solo climate change. Per me l’impatto sociale che abbiamo già dato riguarda la preservazione delle diversità. Parliamo della vita del pianeta e dopo delle nostre vite, o meglio ancora della nostra vita in questo pianeta. Il pianeta arriverà da solo ad un’altra era. Quindi, quando noi come individui sociali o noi come istituzioni puntiamo il dito e diciamo: “devi essere al 100% sostenibile”, dai nessuno di noi come individui è sostenibile al 100%. Il nostro comportamento, quello che facciamo, siamo ancora della vecchia cultura, ci stiamo muovendo piano, stiamo imparando, quindi sono totalmente contro le istituzione che puntano il dito su individui, industrie, compagnie, governi chiedendo di essere 100%. Questa transizione, cosa è successo a questo? È difficili diventare 100% in un giorno, quindi alcuni individui o compagnie si paralizzano, non si sa neanche da dove iniziare. Quindi, quello che veramente ho creduto e credo nei miei 21 anni d’esperienza è praticare le esperienze e la visione, che è quello di cui sto per parlare adesso, avere il consenso, la pratica e poi numeri. Non importa quanto una compagnia sia sostenibile, quello che importa è la cultura individuale e della compagnia, la loro missione nel diventare 100% sostenibili in 2-10-100 anni. Se hai questo nella tua cultura e pensi a questo e trasformi questa cultura in azioni all’interno della compagnia ed inizia a farlo, ricercando, innovando e metti questa ricerca ed innovazione in quello, puoi cominciare solo con 1%, ma se questo 1 è realmente sostenibile nella filiera ed è realmente trasparente, per il consumatore è veramente importante, perché anche solo 1% di una compagnia che produce qualunque cosa, solo quel 1% è il 100% di una produzione piccola o di una start up o di una piccola cooperativa di comuni nel mezzo dell’Amazzonia, o nell’Africa o una grande azienda che lo diventa in proporzioni piccole. Perché dobbiamo capire, delle volte le persone mi chiedono: “perché sostenibili deve essere caro?” no, non deve esserlo, ma lo sono, perché sono ancora innovazioni, non abbiamo esempi, stiamo imparando, quindi è un momento di ricerca, è innovazione, è un sacco di investimento ed inoltre, noi, in quanto consumatori non la stiamo consumando, quindi non abbiamo esempi, quindi non dobbiamo lavorare solo nella produzione, dobbiamo lavorare su noi stessi in quanto consumatori, si devono aiutare entrambi, invece di puntare il dito. Lo facciamo sempre, quando vediamo una macchina, sempre, ma non ci muoviamo. Quindi dobbiamo capire che è un momento di collaborazione della società globale, istituzioni, istituzioni accademiche, istituti di ricerca, i governi, consumatori, sai è un momento in cui ognuno di noi deve dare qualcosa. Dobbiamo essere pazienti, ma dritti al punto in questo cambiamento.
Quando vedo gli allarmisti che ci sono intorno, non so fino a che punto questo è buono, perché ho già potuto vedere alcuni movimenti negli ultimi 30 anni parlare di sostenibilità e così via, è diventato qualcosa di moda, non nel senso stretto della parola moda, ma la gente che vuole essere contro il sistema, cose del genere, ma è diventato troppo, non è più cool parlarne e magari fallire. Credo molto di più nelle istituzioni e nelle compagnie. E qualcosa del genere non lo dicevo 2 anni fa, che dovevamo incolpare le industrie e le compagnie, invece oggi loro stanno cambiando più di noi come individui.
Ok, ma noi come individui cosa possiamo fare? Da cosa possiamo iniziare? perché delle volte fa paura e pensiamo di non poter fare nulla, ma in realtà possiamo fare qualcosa, perché come ha detto lei, mi corregga se sbaglio, dobbiamo solo fare un passo alla volta, dobbiamo solo iniziare e poi diventerà qualcosa di reale, ma dobbiamo aspettare, giusto?
Dobbiamo essere il più possibile sostenibili ed il prima possibile.
Si, ma lei ha detto che è un processo, ma un processo che deve avvenire il prima possibile, non è un po’ un ossimoro? Ha detto prima che dobbiamo aspettare in quanto è un processo ed i processi richiedono tempo, come il Rinascimento che è avvenuto dopo il Medioevo, ma se lei dice che deve avvenire il prima possibile sta dicendo in realtà che non possiamo aspettare.
No, dobbiamo capire, è diverso, non dobbiamo aspettare. Dobbiamo capire che viviamo in una grande transizione nell’economia e le industrie devono avere tempo per farlo, perché è così ingenuo dire ad una grande compagnia “devi cambiare adesso”.
È quasi impossibile
Quello che dobbiamo dire è: “dobbiamo cambiare, vogliamo vedere cosa fai in questo processo” trasparenza, applaudiamo, iniziamo a comprare o portare nuove idee per te, tecnologie, altre istituzione, invece semplicemente puntare il dito e dire “no”.
Questo è un pensiero nuovo che sto facendo, altrimenti avremmo un conflitto, se ci mettiamo a puntare il dito e cose del genere, le industrie e le compagnie si paralizzano. Possono trovare altro, tu vedi adesso qualcuno dice: “no, non abbiamo il climate change”. Quindi il prima possibile è il fatto che la società deve capire che stiamo vivendo in transizione e che dobbiamo cambiare anche noi, perché noi puntiamo il dito verso le compagnie, però poi compriamo da loro e non vediamo che siamo noi che dobbiamo fare ricerca, non solo la compagnia che deve dire “dai, guarda cosa sto facendo”. No, noi siamo responsabili delle nostre azioni. Se siamo consumatori che non conoscono la filiera, da dove viene il marchio, la sostenibilità, l’appropriazione culturale e cose del genere, come possiamo? Sai, è la società globale che deve capire, dalle compagnie agli individui, dagli accademici alle istituzioni, e tutti noi dobbiamo capirlo
Parlando di moda, visto che lei è un designer, quale pensa sia la cosa più semplice che un consumatore può fare per essere più sostenibile?
Capire veramente cosa si sta scegliendo. Penso sia veramente importante. Di certo dobbiamo essere acculturati. Indossare abiti è moda, ma dobbiamo capire cosa è moda, da dove viene il design, chi lo ha fatto, da dove viene l’ispirazione, come sono fatti i tessuti. Questa è la parte interessante, non solo riguardo alla sostenibilità, è così elegante, così interessante saperlo. Questo è ciò che riguarda la moda. Quindi capire il processo intero. Invece di comprare un sacco di vestiti nel tuo guardaroba perché non avere solo alcuni capi interessanti nella tua collezione, il tuo guardaroba è la tua collezione, fatto di elementi di stile. Avere asolo alcuni pezzi, ma capirli, sempre, capire la storia che c’è dietro. È più elegante, è più chic. E se sai tutto la cultura della moda è più divertente, indosserai qualcosa con più storia ed avrai più storia intorno a te ed avrai una relazione con loro. Dobbiamo capire, ecco perché sono contro il fast fashion, abbiamo così tanti capi nel nostro guardaroba e non ne abbiamo bisogno.
Quindi non è il capo, ma la storia che c’è dietro ed è come un consumatore può raccontare quella storia, giusto?
Si, dai, non abbiamo bisogno di tutta questa roba, dai perché dovresti averne bisogno? Devono avere un valore dietro: originalità, buon gusto, firmati da uno stilista se ti piace, design, materiali che abbiano una qualità che possa durare di più. Ovviamente venire da un processo sostenibile, corretto, ambiente, cultura o non cultura, creazione, cose del genere, quindi siamo responsabili nella scelta di ciò che compriamo. E se compri cose ed hai cose, non abbiamo bisogno di averne ancora di più, ma devono essere di valore, come le opere d’arte che hai a casa. Non li sto comparando, la moda è design, l’arte è arte. Quando hai un pezzo d’arte, conosci l’artista, sai da dove viene, capisci le ispirazioni, la tua relazione con il pezzo, lo mostri ai tuoi amici e ne parlate, dovremmo fare lo stesso invece di avere così tanti pezzi.
Di lei si dice che sia un pioniere, potrebbe spiegarmi perché?
Penso che il pioniere della sostenibilità nella moda sia stata Yvon Chouinard dalla Patagonia. Io facevo spedizioni nell’Amazzonia, nelle Ande e sono sempre stato a contatto con la natura, veniva dalle mia educazione, dalla mia famiglia, quando per la prima volta ho visto cosa lei ha fatto ho detto: “wow questo è supremo”, da quel momento penso più che faccio vestiti, io non faccio manifattura, io sono uno stilista, sono un art and style director. La moda riguarda il comportamento umano, è uno strato di cultura su un corpo. Gli abiti sono un design su un corpo. La moda per me riguarda un immaginario culturale quindi è diverso. Quindi quello che ho pensato negli anni 90 quando si parlava di sostenibilità e si intendeva qualcosa di noioso era che avevo un sacco di amici, tipo biologi o sociologi che lavoravano in Amazzonia e in Brasile e che loro non fossero le persone noiose, ma quelle più cool, ed avevano stile. Quindi ho detto: “se questo è quello in cui credo e se penso che nel futuro ci comporteremo come loro, voglio esprimere la sostenibilità in un modo fashion, con un design avantgarde e cercando di avere il meglio come la qualità luxury. Ci sono alcuni brand green e il mio brand non voleva essere green, Osklen è l’espressione dei miei elementi di stile, la sostenibilità non è nella superfice del brand, è dietro, e i brand green creavano prodotti che sembravano puri, grezzi o cose del genere, mi piace il grezzo, lavoro con i materiali grezzi, ma come designer penso che si debbano trasformare pensando a cosa si indosserà. Questo è quello che mi piace di essere un designer e quello che amo della sostenibilità è che potevo controllare l’interno processo. Immagina, per esempio, dalla pelle dei pesci dell’Amazzonia, pesci che sono usati per nutrire le persone dell’Amazzonia, io sono stato il primo. Li prendo super grezzi e quando un designer vede qualcosa di grezzo capisce l’intero processo ed io potevo vedere la gente indossarlo, me indossarlo, capisci l’intero processo, ma capisci anche che siamo così lontani. Io in quanto designer, creatore, capisco l’intero processo sostenibile e se non posso seguire ogni passo del processo, ho degli esperti che lo fanno. E quindi sono diventato pioniere del Nuovo lusso. Sto dando un nuovo significato a cosa sia il lusso. Quello che molti non sanno, e molti dei miei critici, critici concettuali, non sanno è che io ho iniziato a parlare di sostenibilità nel 2004. Io penso che i brand europei, che sono quelli del lusso e voglio spiegarti perché sono diventati di lusso, perché sono nobili, perché hanno disegnato degli abiti e li hanno creati con la migliore qualità possibile dalla ricerca dei materiali alla composizione di essi, volevano fare qualcosa con le migliori qualità, quindi maggiormente in Italia ed in Europa, lusso significa qualcosa di fatto bene. Il lusso deriva dal riconoscere la sofisticatezza.
Mi piace dire che il valore più nobile è quando dedichiamo noi stessi agli altri, quando gli dedichi il tuo tempo, il tuo amore, la tua passione, per aiutarli, ti dai agli altri, quindi quando dedichi il tuo tempo, o il tuo talento, la tua meticolosità per fare qualcosa bene per gli altri, che sia un prodotto o un servizio, invece di fare qualcosa velocemente, economico solo per vendere di più. Se pensi di fare qualcosa al tuo meglio per gli altri, come lo fai per te, sei una persona nobile e questo prodotto diventa sofisticato e sofisticato è uguale al lusso, quindi la nobile dedizione agli altri equivale al lusso. È questo il modo in cui io penso il lusso.
La parola lusso viene dalla parola lux, luce in latino, non è esclusività, è così volgare dirlo. Quante volte nella tua vita hai visto un tramonto bellissimo ed avrai pensato “wow che lusso” ed il tramonto è per tutti, quindi il lusso per me non riguarda il prezzo, la brillantezza, io penso che questo sia snob, non nobile, quindi questo tipo di lusso per me è molto snob, ed è il lusso che vende molto perché ci è stato insegnato che il lusso è questo e perché la maggior parte della gente non ha abbastanza cultura da capire quello di cui stavamo parlando adesso e per capire da dove viene. Perché consideri qualcosa lussuoso? Devi capire da dove viene.
Mi piace iniziare i miei discorsi con la parola ethos, ethos di una comunità, di un paese, di una nazione, di una tribù. Dalla parola ethos derivano due parole, etica ed estetica, quindi i greci hanno già detto che etica equivale ad estetica, questa è la mia equazione, non sono un filoso, ma… etica equivale ad estetica che equivale a design, e se il design è ben fatto equivale a sofisticatezza che equivale a lusso, quindi l’etica equivale al lusso. Quindi sono considerato un pioniere, anche se non mi piace perché non voglio esserlo, perché ho portato questo concetto ed ho realmente fatto quello che ho detto. Tutto quello che ti ho detto adesso, io lo ho fatto ed ho usato le mie conoscenze, le mie esperienze, il mio standard di qualità per il lusso, per il design, per l’approccio al prodotto, per lo spirito dell’arte, perché sono un artista.
Dedicandoti a questo processo per intero, di certo avrai dei prodotti sofisticati dietro, e rendendo sostenibili quelli che puoi, perché delle volte l’intero processo non può essere sostenibile al 100%, perché tecnicamente non c’è alcuna soluzione ancora. Sicuramene questo prodotto alla fine sarà il più contemporaneo perché ha l’innovazione originale del designer, hai il lusso, il massimo che puoi avere, lo standard del lusso per il prodotto, hai sostenibilità, quindi nel mercato abbiamo marchi di designer, marchi di lusso ed abbiamo marchi di designer di lusso ed abbiamo dei brand sostenibili. Credo però che quello che non abbiamo è le tre cose insieme ed è quello che sto provando ad avere.
Non posso essere oggettivo in questo
Un’ultima domanda veloce, crede che il fatto che lei sia nato e cresciuto in Brasile abbia avuto un ruolo importante in quello che sta facendo?
Si, penso di sì, perché siamo in un Paese che può ancora essere sviluppato nella metodologia del pensiero ed in quella filosofica del XX secolo, perché siamo ancora una terra grezza nel pianeta con una grande biodiversità e la nostra cultura è coinvolta in quella indigena, quindi stiamo imparando dal grezzo, ma allo stesso tempo siamo un paese cosmopolita, a mischiare questo con le nuove tecnologie per preservare la natura.
Credo che questo sia il nuovo lusso: portare l’europeo e soprattutto la conoscenza italiana del ben fatto insieme alla nostra esperienza con la pratica sostenibile e con la ricca biodiversità che abbiamo.