Alla sua prima collezione da direttore creativo di Maison Schiaparelli, Daniel Roseberry offre un’immagine totalizzante e rappresentativa della vita di una donna nei diversi momenti della giornata: giorno, sera e notte. Una storia divisa in tre capitoli, che si muove tra i due regni della funzionalità e dei sogni.
Il primo capitolo offre una visione quotidiana della Haute Couture: tagli decisi e desiderabili, con una componente maschile sartoriale unita ad elementi fantastici, spesso associati al mondo della notte.
Accostamenti insoliti creano una sensazione di sorpresa che, in qualche modo, vuole incitare a nuove domande: come e perché ci vestiamo in un certo modo?
Attenzione particolare a nuove tecniche e tessuti con cui portare avanti il percorso cominciato da Madame Elsa Schiaparelli.
Tra le innovazioni che attraversano tutta la collezione ed in particolare nei primi quattro look ,c’è un faille di seta tinto a mano e poi de-strutturato: per cambiarne la grana naturale e la struttura, trasformandolo in qualcosa d’inaspettato.
I primi quattro look sono ispirati da interni speciali: il velluto verde dei divani di un grande albergo di Milano, un divano in lana grigia contro una parete bordeaux… Un esercizio di sfumature e contrasti tra tonalità ricche e intense, alla ricerca di una moderna uniforme: familiare, però nuova e diversa.
Poi l’atmosfera della storia diventa più opulenta grazie a una palette di colori chiari, nudi, neutri, accostati a colori più decisi come lo zafferano, il nero e il blu navy.
Il focus è nel corpo e nelle sue trasformazioni, con volumi e dimensioni che regalano un’idea di naturalezza e mutazione.
Daniel Rosberry ha dichiarato di essersi lasciato ispirare dall’inquietudine delle sculture di Jack Whitten e dell’estetica di Sarah Lucas perché entrambi ammiccano e rifiutano l’idea di una femminilità convenzionale.
Le lavorazioni di gusto Deco, altro non sono che un omaggio a Witten. Le varianti dei pantaloni, invece, sono ispirati a Sarah Lucas, capovolgendo le dimensioni del design “uomo” e “donna”, come provocazione.
Quando la donna entra nella notte, nel secondo capitolo della collezione, il buio è assecondato da forme, colori e da un’estetica dark. Tutto è come un’insolita commistione di Deco e Surrealismo, glamour e brutalismo, quasi un “anti-design”.
Terminato il giorno, passata la notte, comincia un terzo tempo della vita. Un tempo che non è pratico, non è romantico, non è logico, non è replicabile: quello del sogno. E’ il luogo in cui la nostra mente divaga, libera dal pensare, creare, vedere.
In questo tempo trionfano l’intuizione e l’emozione.
Questo atto è un tributo alla fantasia assoluta della moda, alla gioia, all’esuberanza.
Gli abiti parlano del puro e inconsapevole piacere di indossare la moda. Del vestirsi, adornarsi e lasciar cadere la coscienza di se stessi.