Per tanti anni al fianco di Karl Lagerfeld, Virginie Viard ha fatto incetta di insegnamenti e, questa sua prima collezione di Haute Couture, non è altro che la rielaborazione di tutti i codici di una Maison che, nessuno più di lei, conosce a memoria.
Il rigore e lo splendore dei tempi passati veicolano l’ispirazione di questo nuovo capitolo di Couture: lunghi cappotti abbottonati, colletti in pizzo, grossi fiocchi e macro bottoni. Gonne a matita in tweed, abiti da sera leggeri e svolazzanti, arricchiti da velluti, sete e piume di struzzo.
Il Grand Palais, luogo che Lagerfeld ha sempre reso un po’ “casa Chanel“, questa volta è una libreria che ha tutto l’aspetto di un rimando alla tradizione, alla conservazione dei codici, al rigore.
A quello a cui, del resto, ci ha abituati il Kaiser e che, forse, non abbandonerà mai l’immaginario collettivo di ognuno di noi.
Kaia Gerber calca la passerella indossando un tailleur orange con spalle decorate di fiori, che ricordano quelli preferiti da Jackie Kennedy.
La collezione non va troppo lontana da ciò che la maison Chanel, con Karl, è sempre stata.
Ma ogni cosa ha una visione più leggera. Come le iconiche giacche in tweed che Virginie rivisita in chiave moderna, senza privarle però del loro splendore di una volta.
Chiude la sfilata Vittoria Ceretti che indossa un pantalone in seta e un cardigan rosa antico con piume in effetto tridimensionale.
Nessuna frattura, nessuno stravolgimento tra il vecchio e il nuovo: Virginie Viard ripercorre semplicemente l’immenso patrimonio di Chanel.
Ne conserva la storia, il DNA, senza troppa smania di cambiamento.
Nè troppo poca.
Panta rei, si. Ma con continuità.
Perché ogni frammento del passato continui, anche nel presente, ad avere il proprio valore.