“… Ama in modo appassionato la vita e l’amore, oltre ogni pregiudizio…”
“Che cos’è il coraggio?” mi chiedo comodamente seduta sul divano davanti al camino e a una fumante tazza di the. Rimugino da tempo sulla risposta a questa domanda. Ho provato a dare diverse interpretazioni, diverse risposte legate a diverse situazioni o contesti, pensando che il coraggio in fin dei conti possa essere determinato da una serie di circostanze del tutto casuali. Ed ecco, alla fine credo che sia molto più semplice di quanto pensassi. Credo che il coraggio sia l’espressione di un atavico istinto che ci pervade in quanto esseri viventi: l’istinto di sopravvivenza.
Fin da piccola sono sempre stata affascinata da storie di persone coraggiose, persone che hanno cambiato il mondo, che hanno fatto qualcosa per cui vale la pena ricordare la loro esistenza oggi e che avevano tutte in comune qualcosa: avevano rotto degli schemi e, quasi sempre, per amore del coraggio.
Oggi più che mai la società ci chiede di tirare fuori la nostra essenza identitaria. In un mondo globalizzato, dove le coscienze sono intorpidite e sopite, diventa ancora più determinante affermare la propria identità. Negli ultimi decenni si è acceso il dibattito sulla parità dei diritti delle donne, sui diritti degli omosessuali, sui diritti delle minoranze etniche o religiose. E la forza distruttiva di questi dibattiti, a mio avviso, parte sta nel parlare di diritti di categorie “deboli” o, peggio ancora, “diverse”. Ma diverse rispetto a chi?
Credo con forza che è nella differenza, nella diversità, in quell’artistica opera di eterogeneità che crea la natura che risieda la forza della bellezza.
Noi donne siamo abituate fin da piccole a sentirci “diverse”. Ci impongono di giocare con le bambole, di preferire il rosa, di sognare di essere delle principesse. Cresciamo con l’idea malsana che ci fa stupire quando sentiamo: “Quella è un ingegnere aerospaziale!” incredule e meravigliate perché si tratta di una donna. Ebbene, non so se il mondo avrà mai una donna Papa ma di sicuro il mondo ha avuto, ha e avrà delle donne straordinarie che nel loro piccolo hanno cambiato la storia. Quelle che seguono sono storie di vita vissuta che forse dovremmo ricordare più spesso.
“…La Signorina Noether era il più significativo e creativo genio matematico apparso finora da quando è iniziata l’educazione universitaria delle donne…”. Così, nelle parole di Albert Einstein veniva descritta Emmy Noether, brillante matematica tedesca di fine ‘800 a cui si attribuiscono fondamentali teoremi matematici. Indirizzata in giovane età agli studi linguistici, si affermò con forza in un ambiente dominato da uomini. Il matematico inglese Godfrey Harold Hardy asseriva “Mathematics is a young man’s game”. “No, it’s not!” avrebbe risposto la Noether.
Facendo un salto in avanti nella storia, vorrei ricordare la voce più graffiante del blues americano degli anni ’70: Janis Joplin. Libera, anticonformista, impegnata nella lotta per l’uguaglianza dei diritti dei neri, Janis è una delle donne più originali della storia della musica. Il suo talento e la sua voce l’avrebbero resa un’icona. Da piccola fu spesso vessata dai compagni per la sua scarsa bellezza. Leonard Cohen, suo amante, nella celebre “Chelsea Hotel #2” ricorda una frase di Janis durante una notte d’amore: “Beh, che importa. Siamo brutti, ma abbiamo la musica”.
Restando in tema di icone, il nostro viaggio tra storie di donne iconiche continua, e come non parlare di colei che ha inconsapevolmente dato vita a un’iconografia della sua persona: Frida Khalo. Pittrice Messicana nata nel 1907, Frida è molto più che un’artista: è l’emblema attualissimo di una donna libera, che ama in modo appassionato la vita e l’amore, oltre ogni pregiudizio. Riluttante a ogni forma di convenzione sociale, Frida è stata rivalutata negli ultimi decenni soprattutto in Europa proprio per il carisma e la forza evocativa della sua persona.
Qualche anno dopo la nascita di Frida, negli Stati Uniti, nasceva Eleanora Fagan, quella che sarebbe diventata una delle voci più iconiche del jazz americano: Billie Holiday. La Holiday, dal passato turbolento, cominciò ad esibirsi nei club di New York dove fu scoperta dal produttore John Hammond, da qui il successo che la portò a incidere “Stranger Fruit” : il frutto era il corpo di un nero ucciso dai bianchi, appeso a un albero. La canzone divenne un inno contro le discriminazioni razziali. Billie Holiday fu la prima cantante nera a esibirsi insieme a musicisti bianchi, sfidando i pregiudizi dell’epoca.
Il mondo si cambia in tanti modi ma, quasi sempre, il cambiamento richiede coraggio. E come non ricordare Maddalena Cerasuolo, operaia napoletana a cui è stato intestato il Ponte della Sanità a Napoli che durante la seconda guerra mondiale lei stessa contribuì a liberare. La giovanissima Maddalena partecipò alle Quattro giornate di Napoli ed ebbe in seguito un ruolo molto importante in alcune operazioni degli alleati contro i tedeschi.
Forse alla fine è proprio così, il coraggio è istinto di sopravvivenza. Il coraggio è un grande atto d’amore.
di Anna Rancella