Ricordare e rielaborare, sono due verbi che guardano entrambi al passato, ma hanno un’anima opposta : uno si rivolge staticamente al passato, l’altro guarda sempre indietro, ma lo fa dinamicamente. Dinamicamente? Sì, perché rielaborare significa dare nuova vita, regalare nuove possibilità ad un ricordo. E quindi attingere al passato per il futuro.
Magnus Gjoen, il restauratore scettico-contemporaneo (così l’ho definito quando mi sono innamorata delle sue opere) ne ha fatto una professione. Magnus inizia a dedicarsi alle belle arti nel suo appartamento di Londra, le sue pareti sono una tela piena di speranze, e pian piano scopre l’arte del ‘riscoprire’. Il gioco di parole è doveroso, perché Magnus rielabora tecniche sempre più nuove su ‘cavie’ inconsapevoli: antichi ritratti del Rinascimento, o oggetti trovati in vecchi mercatini. Nel suo mettere in discussione e sovvertire continuamente la nozione di bellezza, c’è un ricorrente gioco provocatorio tra religione e guerra, bellezza e distruzione, buon gusto e totale ironia, il tutto condito con un’estetica pop e richiami alla street art.
Ciò che è iniziato con stampe ad edizione limitata si è poi sviluppato in opere più complesse e concettuali che combinano diverse tecniche di lavorazione: pittura, bricolage, immagini 3D e rifiniture in polvere di diamanti e foglie d’oro.
Così come le sue opere hanno ricevuto, grazie alla sua arte, una seconda possibilità, Magnus merita senz’ altro un secondo sguardo, uno più attento, uno più critico, che apprezzi polemica ed umorismo.