Il Festival di Cannes, insieme ad altri eventi con il medesimo eco, è un’occasione imperdibile per fare il cosiddetto punto della situazione. In effetti queste circostanze dovrebbero rappresentare in qualche modo la realtà che viviamo, sarebbe totalmente decontestualizzato pensare ad una manifestazione con una risonanza planetaria assolutamente distaccata da quello che oggi è il mondo. Pur se in piccoli segnali, Cannes è stato un po’ il riflesso di quello che è un fenomeno che giorno dopo giorno strizza il naso alle logiche imprenditoriali mondiali, che si stanno capovolgendo a favore dell’ascesa delle donne.
La scelta di Claudia Cardinale e Monica Bellucci, rispettivamente protagonista della locandina e madrina dell’evento, si è rivelata profetica e la dice lunga: protagoniste indiscusse di questo Festival sono state le donne, sì, ma le donne forti e ‘impegnative’.
Susan Sarandon ha portato sulla Croisette i suoi settant’ anni e ha oscurato le soubrette e influencer che tentano (invano) ormai da stagioni di inculcarci i loro canoni di bellezza e femminilità.
Jasmine Trinca, che ha interpretato Fortunata nell’omonimo film diretto da Sergio Castellitto, ha trionfato ed è stata premiata come miglior attrice nella sezione “Un certain regard”. Non a caso il suo personaggio porta in scena la vita di una donna impegnativa quanto controversa. Consigliatissima la visione.
Nel palmarès delle candidature ai premi Sofia Coppola, alla quale è andato il premio alla regia per il film “L’inganno”, Diane Kruger, che ha conquistato il riconoscimento più ambito, quello di miglior interpretazione femminile, battendo persino l’impeccabile Nicole Kidman (con quattro film in gara), che con un look principesco ha attirato i riflettori più di uno spacco inguinale.
Uma Thurman, musa di Quentin Tarantino, affianca con la sua allure Pedro Almodovar in giuria.
Sbaragliata quindi a tutti gli effetti una lotta generazionale che vede scontrarsi un bagaglio contenutistico di follower mercenari e consolidate carriere riconosciute a livello mondiale. Sarà forse stato l’effetto Brigitte Macron?
Ora aspettiamo la prossima edizione, con la speranza che anche delle registe si ritaglino uno spazio in un panorama ormai saturo di presenze maschili, perché come ha dichiarato la regista tedesca Maren Ade: “Se il cinema deve riflettere la società, allora noi abbiamo bisogno di storie raccontate al femminile”.