Quest’anno mi è capitata una cosa insolita durante le vacanze di natale, leggevo, e nel mentre, mi sono imbattuta in un paio di parole di cui non conoscevo il significato, così sono andata a fare un po’ di ricerche e ho deciso di proporre questi lemmi per la rubrica #USODELDISUSO: mi sono sembrati perfetti!
La prima parola che dunque voglio proporvi, lettori, è “Squinzia”!
Si usa per riferirsi ad una donna smorfiosa e pretenziosa, anche un po’ civetta; si tratta di un termine gergale, che ha le sue origini, si suppone, nel personaggio di “Donna Squinzia”, nell’opera teatrale di Carlo Maria Maggi; parrebbe quindi un gergalismo lombardo, ma cosa insolita per un “modo di dire”, lo ritroviamo anche nella variante toscana di “squìncia”.
Un esempio del “modo d’uso” ci è fornito dal Goldoni, nella variante toscana appunto, ne “La donna di garbo”:
«…Tutto il giorno stai da quel formaggiaio, e perché? Per quella squincia della sua serva »
Come sempre lettori, a voi l’ardua lotta per far sopravvivere questa parola!